Paesi attraversati Francia -Spagna – Portogallo
Giorni 30 Km percorsi 7000 Moto BMW R1150 GS Partecipanti Carla e Daniele Budget 2000 €uro |
A dire il vero l’ Andalusia era da tempo nei nostri pensieri, ma visto che questa volta avevamo a disposizione un mese intero, abbiamo pensato bene di abbinarci il Portogallo. In contrapposizione, più che a completamento.
Dici Andalusia e ti vengono in mente le case imbiancate a calce sotto il sole feroce, il fresco dei pateos ombreggiati, le lunghe sieste pomeridiane, la frizzante movida notturna. Dici Portogallo e ti viene in mente la Lisbona struggente e un po’ marcia di Wenders e di Pessoa, i tram che arrancano al crepuscolo sulle strade dissestate di antichi quartieri, le facciate degli edifici variopinte di azuleios.
In pochi giorni c’inventiamo un itinerario che, attraversando l’entroterra di Francia e Spagna con un lungo trasferimento, ci consentirà di percorrere tutto il Portogallo da nord a sud, per poi tornare in Spagna, dedicare una decina di giorni all’Andalusia, e di nuovo in Italia lungo la costa.2 Agosto: Roma – Rapallo (540 Km)Proprio come l’anno scorso, per andare in Marocco. Fuga dall’ufficio, lunga tirata autostradale slalomando tra le station wagon stracariche dei vacanzieri che disdegnano le c.d. “partenze intelligenti”… Benedetta sia la moto!
Ci fermiamo a Rapallo per scroccare una cena a mio fratello che fa il poliziotto da quelle parti (cosa non si fa per gestire al meglio il solito, risicatissimo budget).3 Agosto: Rapallo – Carcassone (760 Km)Fila interminabile di auto fino a Ventimiglia (4 ore per 200 Km) poi, stranamente, più nessuno fino a Gauguignon, dove lasciamo l’autostrada.
Attraversiamo la Provenza lungo piacevoli strade secondarie, concedendoci solo una sosta in un paesino del quale immediatamente dopo essere ripartiti dimenticheremo il nome. Ci ricorderemo solo l’ottimo kebab gustato in un locale gestito da immigrati Turchi.
Arriviamo a Carcassone al tramonto. Appena il tempo di montare la tenda in uno squallido campeggio a pochi Km dal borgo medievale e comincia a piovere.
4 Agosto: Carcassone – Pamplona (500 Km)
Veloce visita a Carcassone, prima di ripartire. Bella e suggestiva la Cattedrale, dalle vetrate multicolori, poco da dire sul resto del borgo, tempestato di negozi di souvenir e restaurato con una cura che lo rende perfino artefatto, come molti dei siti col bollino “Patrimonio Unesco”.
Lungo la strada per Pamplona ci fermiamo a Mirepoix (bello il centro storico medievale e in particolare la piazza porticata) e a Foix (splendida la Cattedrale). Le strade sono piacevoli e movimentate (incrociamo numerosi motard locali), il clima inaspettatamente freddo.
Ci tocca poi un buon pezzo di autostrada, e un contrattempo, che rischia di farci perdere parecchio tempo. A un certo punto, senza alcun preavviso, il motore della moto inizia a perdere colpi e si spegne. Intuisco immediatamente la causa della defaillance. Allungo il collo, fino a superare con lo sguardo il bordo della borsa serbatoio, che fin ora mi ha tenuto nascosta la spia della riserva….inesorabilmente accesa. Siamo a secco, a una trentina di Km dal distributore più vicino.
Trenta secondi di imprecazioni, poi una felice intuizione ci trae d’impaccio. Rifletto sulla forma del serbatoio della moto, con due specie di “guance” laterali nelle quali deve entrare un bel po’ di carburante. Mi ricordo che la pompa della benzina è posta sul lato destro, come mi conferma il ronzio che s’innesca ogni volta che ruoto la chiave nel quadro elettrico. Allora smontiamo motovaligie e bagagli, adagiamo la moto sul lato destro e la lasciamo in posizione qualche secondo, per far defluire la benzina. Quindi con uno sforzo non indifferente, risolleviamo i duecentocinquanta kg di giessona dalla poco onorevole posizione e, con le dita incrociate facciamo girare il motorino d’avviamento . Pochi istanti e …..vroooom, il rassicurante frullare del motore annuncia l’esaudimento delle nostre preghiere.
Non potendo prevedere l’autonomia che ci rimane, comunque decidiamo di lasciare l’autostrada alla prima uscita e puntare sul paese più vicino. Guidando con la massima attenzione e spegnendo il motore ad ogni discesa, ci mettiamo alla ricerca di un distributore aperto h 24 (inutile dire che, a ennesima riprova della validità della legge di Murphy, oggi è domenica….). Seguendo incerte indicazioni raccolte per strada, quando oramai il contakm parziale segna 15, ne troviamo una… che risulta essere chiuso. Ripartiamo a 30 Km/h, vagando più o meno per caso per una campagna brulla e deserta, aspettando che da un momento all’altro il nostro destino si compia. Quando il parziale segna oramai 25 siamo entrambe , oltre che disperati, stupiti di quanta cazzo di benzina siamo riusciti a “recuperare” con la nostra manovra, intercettiamo fortuitamente un altro distributore self service .Aperto, questa volta.
La nostra euforia, tuttavia, è presto mitigata da una nuova sconcertante scoperta: non è possibile fare rifornimento con le banconote né con la carta di credito: serve l’apposita carta elettronica prepagata (che, naturalmente essendo domenica, non e possibile comprare da nessuna parte). Va bè, non ci facciamo scoraggiare per così poco: col nostro francese approssimativo convinciamo un differente automobilista a venderci 10 euro di benzina dalla sua carta. Ripartiamo.
Attraversiamo i Pirenei sulla meravigliosa statale che porta a St Jean Pie-de-Port, in un valzer di pieghe e contropieghe e paesaggi mozzafiato.
Arriviamo a Pamplona infreddoliti e provati e fatichiamo un po’ a trovare da dormire. Non ci sono campeggi e i prezzi degli hotel sono stranamente molto cari. Dopo una lunga ricerca troviamo una graziosa pensione, dove ci viene offerta a 42 euro l’ultima stanza disponibile. Senza bagno ma con doccia calda e un letto confortevole. Siamo ampiamente sopra il nostro target ma per questa volta faremo un’eccezione.
Lungo la strada superiamo centinaia di pellegrini, in bicicletta o a piedi, diretti a Santiago de Compostela. Ci fermiamo per una sosta a Granol, paese che sembra uscito dal nostro dopoguerra, con tanto di forno che fa la vendita diretta del pane. Mangiamo un panino seduti a terra nella piazza centrale, mentre arrivano e ripartono drappelli di pellegrini d’ogni età e paese. Su tutti spiccano un gruppo di rumorosi ragazzotti milanesi, scalzi e sudici all’inverosimile, sebbene alcune espressioni e alcuni particolari ne tradiscano inequivocabilmente l’estrazione borghese.Dobbiamo comunque riconoscere, al di la del nostro inossidabile ateismo, che questa sorta di rito collettivo, che in alcuni casi si sfiora il fanatismo (abbiamo visto gente che affrontava il pellegrinaggio sulla sedia a rotelle) possiede un indubbio fascino. Ci sorprende pensare che la strada che noi vediamo correre sotto le nostre ruote a tornate da centinaia di Km al giorno, altri la percorrono con fatica, sasso dopo sasso, ciuffo d’erba dopo ciuffo d’erba, sudando (ma godendo anche) ogni metro conquistato. Affascinante è anche l’idea di tante persone eterogenee, ciascuna con la sua storia e le sue motivazioni, protese al raggiungimento di una meta comune, che la fatica quotidiana deve trasfigurare in luogo assolutamente magico (anche se chi c’e stato ci ha raccontato che Santiago, al di la della valenza simbolica per i cattolici, non ha particolari attrattive e, per di più, è ormai deturpato da un’orgia di venditori di souvenir a sfondo religioso e altre amenità turistiche).
Arriviamo a Bragancia in serata e ci sistemiamo in uno spartano ed economicissimo campeggio pochi Km a nord del centro abitato, sulla riva di un laghetto. Il paesaggio è un po’ brullo ma piacevole, di aspetto quasi montano. Inaspettatamente la notte e la temperatura scende di brutto, facendoci quasi battere i denti nei nostri inadeguati sacchi a pelo ultra leggeri.
Ci svegliamo intirizziti e l’impossibilità di farci una buona doccia calda causa bagni presi d’assalto da un plotone di boy scout contribuisce a peggiorare il nostro umore.
La strada è tortuosa ma non troppo divertente per il pessimo asfalto. I frequenti lavori in corso e i tratti sterrati ci costringono a una media ridicola. Il freddo non ci da tregua.Poi ci fermiamo in un paesino sconosciuto. Ci sediamo al tavolino di un baretto lungo la strada a riscaldarci con un caffelatte. Un altoparlante fissato a in palo di legno diffonde per tutto il centro abitato la musica trasmessa da una radio locale. Improvvisamente un raggio di sole trafigge la nuvolaglia e ci dona il suo tepore. Ci troviamo in un posto sconosciuto, sperduto tra i monti e forse insignificante. Che tuttavia, in questo momento, ci sembra incredibilmente ospitale. Ci rendiamo conto, per la prima volta con assoluta lucidità, che siamo insieme, a migliaia di Km da casa, con un mese intero di libertà davanti a noi, e che stiamo facendo la cosa che amiamo di più: viaggiare. Ripartiamo di slancio.
Arriviamo a Braga verso le 13 e ci concediamo il lusso di una pensione con bagno a due passi dal centro (anche se l’ubicazione non è delle più felici: dentro un centro commerciale…).
Braga, la città più cattolica del cattolico Portogallo, ci colpisce per la sua piacevole architettura. Palazzi ricoperti di azulejos si raccolgono intorno a piazzette traboccanti di rose e di petunie. La piazza principale è animata dai giochi d’acqua di tre fontane e dalle chiacchere e degli avventori dei bar. Un colpo d’occhio davvero perfetto, se non fosse per l’orrendo McDonald’s, spuntano come un fungo velenoso proprio in mezzo allo slargo, con la sua insegna luminosa e un ridicolo pupazzo gigante dalle sembianze di clown.
Ceniamo in un tipico ristorante, dove si mangia tutti insieme su un enorme bancone di legno. Menzione speciale per il primo, squisito, “bacalau” di quella che sarà una lunga serie.
7 Agosto: Braga – Porto (60Km)
Passiamo la mattina al Bom Jesus, santuario a pochi Km da Braga famoso per la sua lunghissima scalinata, sorta di via crucis che il fedele deve compiere per ascendere al cospetto del divino. Dopo tanta fatica, tuttavia, si raggiunge una chiesa abbastanza ordinaria… anche in questo caso il piacere è nel viaggio più che nella meta.
Arrivati a Porto ci tocca vagare un bel po’ prima di individuare il campeggio che abbiamo scelto nella nostra guida. Sembra che qui in Portogallo i cartelli più che indicare le strade si limitino a fornire alcuni indizi, lasciando al malcapitato viandante l’onere di interpretarli al meglio.
Alla fine individuiamo il Madalena, struttura più che dignitosa, qualche Km a sud della città. Per andare in centro c’è un comodo autobus, che tuttavia per compiere il tragitto impiega quasi un’ora di folle corsa per le strade strette e tortuose di una periferia caotica e coloratissima, fatta di case basse e malandate ma quasi sempre decorate con splendidi azulejos. In certi tratti la strada è talmente stretta che allungando una mano fuori dal finestrino si potrebbero toccare le facciate delle case. E’ impressionante la maestria con la quale gli autisti si lanciano lungo questi budelli, sfiorando veicoli parcheggiati, muretti, persone e ostacoli di ogni tipo senza mai travolgerli (almeno nella nostra esperienza…).
Immaginavamo Porto come una cittadina industriale e industriosa, non particolarmente ricca di fascino. Una specie di Milano portoghese, insomma. Avevamo letto che i portoghesi usano dire:
Braga prega, Porto lavora, Coimbra canta e Lisbona… si diverte!
Porto si rivelerà, invece, la sorpresa più piacevole del viaggio.
8 Agosto : Porto
Porto ci piace immediatamente, soprattutto il quartiere più fatiscente e caratteristico, a ridosso del porto, fatto di vicoli stretti e ripidi e scalinate sulle quali si affacciano antichi palazzi dall’aspetto malandato.
Visitiamo la chiesa di San Francesco, austera dall’esterno, ma dall’interno sfacciatamente sfarzoso, autentico delirio barocco di decorazioni e rivestimenti d’oro.
Ci riforniamo di pane, prosciutto e formaggio al mercato centrale, affollato e arabeggiante. Pranziamo con un panino sulla banchina del porto, sotto una romantica vite, osservando il fiume e i rumorosi barconi cattura-turisti.
Il Duoro, nonostante le sue piene nel passato abbiano più volte inondato la città, appare pacifico, amico. I ponti senza piloni lo scavalcano senza ferirlo. L’assenza di argini protetti permette un contatto più diretto. Molti bambini ci si tuffano ridendo, sebbene l’aspetto dell’acqua non sia proprio dei migliori.
Nel pomeriggio attraversiamo a piedi il ponte costruito da Eiffeil (60 metri di altezza: panorama mozzafiato e vertigini) per andare a visitare le cantine, sulla sponda opposta del fiume. Dopo accurata ricerca ne troviamo una (Calem) che offre una visita guidata gratis, compresa la degustazione dei vini. Ci aggreghiamo allo sparuto gruppo degli italiani. La visita è interessante, la degustazione molto piacevole. Alla fine si potrebbe anche acquistare qualche bottiglia ma purtroppo… in moto non c’è posto.
Ceniamo per la seconda volta al Carlos Alberto, ristorantino spartano e affollatissimo dove con 10 €uro in due ci s’ingozza di ottima e sostanziosa cucina locale.
9 Agosto: Porto – Coimbra (120 Km)
Velocissimo trasferimento su un’autostrada nuova di zecca. A Coimbra troviamo immediatamente un’altra economica pensioncina con orrenda vista. Tanto è solo per una notte… Partiamo alla scoperta della città, lungo anguste strade e vicoli tortuosi.
Coimbra appare come assopita. Probabilmente non è questo il periodo giusto per visitare quella che viene descritta come una vivace città universitaria. Non ci sono tracce, naturalmente, degli studenti che dovrebbero affollarla durante il resto dell’anno. Le uniche testimonianze di vita “accademica” sono le istantanee esposte dietro le vetrine dei negozi di fotografia.
Visitiamo l’antica Università, posta in posizione sopraelevata, dalla quale si gode un bel panorama sul fiume e sui suoi ponti. Ammiriamo anche la Cattedrale, sobria e suggestiva: Interno di pietra e azulejos e un solo splendido portico barocco, proprio sopra l’altare.
10 Agosto: Coimbra – Nazarè (149 Km)
Percorriamo sotto una pioggia scrosciante quella che deve essere un tratto di costa davvero selvaggia. La nebbia c’impedisce di scorgere distintamente le grandi dune che creano intorno a noi un paesaggio quasi desertico. Il fondo stradale è pessimo, in certi tratti addirittura sterrato. Ogni tanto lingue di sabbia invadono la stretta carreggiata.
Arriviamo nei pressi di Nazarè bagnati e intirizziti. Per fortuna trovare un alloggio non e davvero un problema. Nonostante oggi sia sabato il paese è tutt’altro che affollato: la pioggia è da poco cessata e tira un vento gelido che deve aver tenuto lontani i vacanzieri dei fine settimana. Molte donne, vestite col tradizionale costume locale (la cui particolarità è di essere composto di ben sette gonne indossate una sopra l’altra), sostano al bordo della strada offrendo camere ai passanti. Non dobbiamo fare altro che sceglierne una economica.
Nazarè delude un po’ le nostre aspettative: del vecchio villaggio di pescatori non e rimasto molto, il lungomare è anonimo, il borgo privo di spunti. L’unica particolarità sono le donne che dispongono il pesce a essiccare su grandi reti stese direttamente sulla spiaggia e le bancarelle che, poco lontano, vendono lo stesso pesce ai rari turisti. I visi degli anziani pescatori, percorsi da miriadi di rughe, conciati come cuoio dalla salsedine e del sole, sono forse la cosa che ci colpisce maggiormente.
Vale la pena, invece, di salire con la funivia fino alla parte alta del paese, dove da una specie di terrazza naturale con piccolo santuario, è possibile ammirare un bel panorama sulla costa e sull’oceano.
Riecheggiamo nell’aria le note dei “Capitani d’Aprile”, che proprio in questo piccolo borgo gettarono le basi di quello che fu forse il più incruento golpe della storia.
A Lisbona troviamo con qualche difficoltà il campeggio Monsanto, enorme e ben organizzato, collegato col centro tramite un autobus.12-13-14 Agosto: LisbonaLisbona va vissuta un po’ prima di apprezzarla fino in fondo. Al primo impatto può sembrare poco curata e priva di autentiche meraviglie architettoniche o monumentali. Poi finalmente, passeggiando per i suoi vicoli lastricati, lungo le interminabili scalinate che all’improvviso si aprono su deliziosi belvedere, riesci a cogliere l’atmosfera particolarissima che questa città emana. E te ne innamori.
Una buona maniera per aprocciare Lisbona è una corsa sul mitico tram 28, che attraversa tutto il quartiere medievale dell’Alfana. E’ la zona più ricca di chiese e cattedrali, che culmina col castello che troneggia su tutta la città (piuttosto deludente visto da vicino, a dire il vero, ma da non perdere è la vista che si gode da lassù).
Il nostro quartiere preferito, comunque, è il Bairro Alto, quello più popolare e suggestivo. Scosceso, percorso dalle buffe funicolari e popolato di ristoranti economici e locali dove passare la serata, è la zona che più di tutte incarna la Lisbona del nostro immaginario. Sarà la meta prediletta delle nostre sfiancanti escursioni.
Una mattinata la dedichiamo anche a Belem, quartiere più moderno e arioso (da non perdere il Monasteiro dos Jeronimos forse l’unico monumento davvero notevole della città). Da li con una lunghissima passeggiata che ci impegnerà tutto il pomeriggio, torniamo verso il centro attraversando il quartiere dell’Ajuda, molto popolare, in certe zone perfino malfamato, come ci conferma un simpatico ragazzo al quale abbiamo chiesto un’informazione. Nella nostra lunga esplorazione abbiamo anche modo di visitare alcuni dei caratteristici “patios” (case comuni che si raccolgono intorno a stretti cortili, specie di quartieri nel quartiere) che ancora sopravvivono in questa parte della città.
Capo de Roca è uno scoglio a strapiombo sull’oceano, dominato da una vecchio faro stanco, che sembra aver stemperato nell’età l’antica superbia di essere il più occidentale al mondo… accontentandosi di essere il più a occidentale d’Europa.
A Sintra restiamo intrappolati in un traffico caotico che proprio non c’aspettavamo: sta arrivando un’importante gara ciclistica (il giro del Portogallo?) e la cittadina è stata presa d’assalto dagli appassionati .Ci rifugiamo in un lindo baretto a ingozzarci dei dolci tipici di questa zona.
16 Agosto: Lisbona – Evora (140 Km)
Lasciamo Lisbona con un po’ di malinconia, attraversando il ponte che scavalca il Tago, poderoso e metallico e così poco intonato con lo spirito di questa città. Sembra rappresentare lo sforzo di Lisbona di diventare europea, di cancellare il suo tessuto di case comuni e cortili dietro una facciata nuova, ordinata e ordinaria. La nostra segreta speranza e di tornare, un giorno, e ritrovarla come ora: sporca, disordinata, colorata e unica.
A Evora ci sistemiamo in un assolato campeggio un paio di Km fuori dal centro abitato. Dedichiamo alla città un intenso pomeriggio di passeggio per le strade ordinate che costeggiano le cassette bianche e gialle. Visitiamo la macabra Capela dos Ossos, con le pareti rivestite di teschi e tibie umane, allo scopo di indurre i fedeli a riflettere sulla caducità della nostra esistenza terrena (“ricordati che devi morire”…). Ceniamo in un simpatico ristorantino dove sperimentiamo il mitico porco alla “Alentejana” (specie di spezzatino di carne di maiale con vongole e spezie varie: accostamento improbabile ma sorprendentemente buono).
17 Agosto: Evora – Villanova de Milfontes (190 Km)
Ci dirigiamo di nuovo verso la costa su piacevoli strade statali, attraverso la regione agricola dell’Alentejo, verde e assoluta. Ci fermiamo a mangiare in uno sperduto paesino una delle famose “casas do pasto” (specie di trattorie a conduzione familiare, situate lungo le principali arterie di comunicazione, buone ed economiche).
Arriviamo a Villanova de Milfontes, alla foce del fiume Miura, dove vorremmo concederci un paio di giorni di spiaggia e riposo prima di affrontare la seconda parte del viaggio. Purtroppo le nostre aspettative saranno deluse.
La spiaggia è bella ma affollatissima. Altrettanto affollato – davvero ai limiti della vivibilità – si rivela il campeggio. Quando la sera, al nostro rientro, scopriamo che un cane c’ha pisciato sulla tenda, decidiamo di darci un taglio e puntare senz’altro sull’Andalusia.
19-20-21 Agosto: Siviglia
A Siviglia lo stile di vita e i ritmi delle giornate sono completamente differenti rispetto al Portogallo. La giornata comincia tardi e ben presto s’interrompe nel torpore della lunga siesta pomeridiana. Fino alle sei del pomeriggio e oltre i negozi sono chiusi, le strade pressochè deserte. Il caldo d’altra parte, non concede tregua. Per fortuna non mancano ampi e ombrosi parchi dove riposarsi e ammazzare le ore più bollenti. La vita prende ritmo verso le otto di sera. Intorno alle dieci si può cominciare a pensare di mettere qualcosa sullo stomaco. La movida continua poi senza soste praticamente fino all’alba.
Altra particolarità è che il concetto di cena in senso tradizionale sembra essere molto demodè. Qui si usa girare da una bodega all’altra nutrendosi di sostanze tapas (mini- pozioni di frittura, affettati, formaggi, tortillas e quant’altro) da accompagnare naturalmente con gelate cervezas. Le tapas si consumano direttamente al bancone, gomito a gomito con gli altri avventori, scegliendole tra quelle proposte da ciascun locale. Dopo un po’ si cominciano a conoscere le specialità di ciascuna bodega e si può organizzare il giro di conseguenza. Così, di locale in locale, cerveza dopo cerveza (la birra, d’altra parte, è ottima ed economica), si passa la serata in allegria.
Approcciamo Siviglia dallo storico quartiere di St. Cruz, che fino a qualche decennio fa doveva essere popolare e autentico. Quella che resta è la particolarità della sua architettura, peccato che dentro i patheos ora ci siano negozi di abbigliamento o souvenir.
In questa zona sono concentrate molte delle cose da vedere: il palazzo dell’Alcazar, l’imponente Cattedrale e la relativa Torre della Giralda, di chiarissima matrice araba (sembra la copia del Minareto di Marrachech). Le altre mete turistiche sono per lo più eredità delle Expò che vennero organizzate nella città nel ’29 e nel ’92 (Plaza d’Espana con gli annessi giardini, i padiglioni della Cartuja, che ospitano un’interessante mostra permanente di arte moderna) e il loro aspetto “di rappresentanza” ci affascina decisamente meno.
22 Agosto: Siviglia – Grazalema (160 Km)
Sfogliando alcune guide turistiche sull’Andalusia, in una grande libreria del centro, scopriamo un interessante itinerario che collega i principali “pueblos blancos”, paesi collinari caratterizzati dalle facciate delle abitazioni imbiancate a calce, nell’area geografica tra Arcos de la Frontera e Ronda. Decidiamo di dedicare due o tre giorni all’esplorazione di questa suggestiva zona dell’Andalusia. Inoltrarsi in questa nuova dimensione, dopo giorni di bagordi sivigliani, è un autentico ristoro. L’aria è finalmente più fresca, i turisti italiani pressochè assenti, la vita decisamente più tranquilla. Le architetture minimaliste di questi paesi sperduti tra le montagne ispirano rilassatezza.
Tocchiamo El Bosque e Ubrique, minuscoli insediamenti di candide case dai terrazzi traboccanti di fiori. Approdiamo a Grazalema, un po’ più grande, adagiata su una stretta vallata, circondata dalle vette di montagne ricoperte di pini. Troviamo facilmente posto in un tranquillo campeggio alle porte del paese, inserito in uno splendido contesto naturalistico.
In paese l’atmosfera è fremente di aspettative: si allestiscono luminarie e palchi per la “fiera” che si terrà tra pochi giorni. Al centro della piazza è stato eretto l’albero della cuccagna, sul quale i bambini fanno le prove generali di scalata.
Ci fermiamo a guardare un pezzo di corrida alla tv di un bar, bevendo cerveza, attorniati dalle foto incorniciate dei matador più famosi e dell’immancabile madonna piangente. Ci fanno compagnia vecchietti dagli occhi spiritati che commentano le infilzate con fragorosi “olà”.
La sera l’atmosfera è ancora più tranquilla. L’aria è fresca e pulita. Ceniamo all’aperto, al lume di candela in una romantica piazzetta lastricata.
Purtroppo non riusciamo a visitare la Plaza de toros (la più antica di tutta la Spagna) perché proprio oggi ospita un concerto….24 Agosto: Arcos – Granada (240 Km)Piacevole trasferimento su strade secondarie movimentate e ben tenute, corredate di rilassanti paesaggi collinari. Abbiamo anche modo di sperimentare la genuina cucina locale in una delle famose “ventas”, sperdute trattorie di campagna, un tempo rifugio di briganti e avventurieri.
Arcos è un’altra tipica cittadina andalusa, tortuosa e arabeggiante, fatta di case bianche e vasi traboccanti di fiori variopinti. Passegiando per l’intricato dedalo di viuzze del centro storico abbiamo la fortuna di assistere a un matrimonio tzigano: vero trionfo di colori e vistosi gioielli d’oro, con tanto di maxi ingorgo e assonnati vigili urbani all’opera per ripristinare la viabilità.25 Agosto: Arcos – Granada (240 Km)Abbandoniamo l’ennesimo campeggio di questo viaggio. Smontare la tenda, chiudere i bagagli, caricare la moto e partire sono le fasi di un meccanismo ormai rodatissimo, affinato quasi quotidianamente e ormai perfezionato al limite delle possibilità umane: venti minuti scarsi e siamo già in moto verso una nuova meta.
Arriviamo a Granada nel torpore del primo pomeriggio. Troviamo subito una pensione economicissima e dignitosa, proprio all’inizio della lunga salita che conduce all’Alhambra.
26 Agosto: Granada
Una considerazione innanzi tutto. Granada non è solo l’Alhambra. L’antica fortezza araba è certo una meta obbligata e ben merita una visita approfondita dalla quale si esce frastornati dal tanto splendore, dallo sfarzo delle sale, dalle sfavillanti decorazioni che ne ricoprono le volte, sulle quali la luce del sole gioca con mille riflessi. Per non parlare dei rigogliosi giardini, delle fontane, della maestosa vista sulla vallata circostante.
Ma la Granada che c’ha colpito di più è quella che si snoda nelle strade del quartiere arabo, così simile alla medine delle città del Marocco, dove si respira il profumo delle spezie e del Kebab che arrostisce sugli spiedi. E le minuscole e intime piazzette, che la sera si riempono dei tavolini dei locali e dei rumori di una vita frizzante.
27 Agosto: Granada – Valencia (580 Km)
Un violentissimo acquazzone che ci accompagna per la prima parte del trasferimento. Poi un sole feroce si asciuga i vestiti addosso. Alle prese con le problematiche metereologiche quasi non ci accorgiamo di lasciarci alle spalle gli ultimi scorci di paesaggio andaluso e di inoltrarci in una nuova regione, della quale già sappiamo che nei pochi giorni che ci rimangono difficilmente riusciremo a cogliere l’essenza, quella che prende il nome della città di Valencia, appunto.
Arriviamo a Valencia nel torpore del primo pomeriggio, stanchi e desiderosi di trovare velocemente una sistemazione. Invece, per la prima volta in tutto il viaggio, incontreremo seri problemi di alloggio. Le pensioni più economiche del centro storico sono tutte al completo. Siamo costretti a ripiegare dapprima sugli squallidi campeggi della periferia sud, poi, considerata la distanza dal centro e i prezzi esosi, ci spingiamo fino a Sagunto, dove, spendendo poco di più, riusciamo ad assicurarci una stanza in una decrepita pensione a due passi dal porto.
Sagunto-porto è una località senza alcun fascino, il suo unico vantaggio è la vicinanza con Valencia: solo una trentina di Km di autostrada.
28-29 Agosto: Valencia
Malgrado la quantità di turisti Valencia sembra essere assopita e priva del colore e della vitalità delle città andaluse.
La visitiamo senza troppo entusiasmo, col pensiero che già corre all’imminente ritorno alla vita di tutti i giorni.
La cosa che ci colpisce ci più è il mercato coperto, il più grande d’Europa a quanto pare, con le sue curatissime bancarelle di frutta, pesce, e generi alimentari vari, sui quali spiccano preziose collezioni di tutte le varietà di jamon iberico (un’altra delle rivelazioni gastronomiche del viaggio).
L’ultimo giorno lo dedichiamo alla visita dell’avveniristica Città delle Scienze, ancora in corso di completamento, dove sperimentiamo la visione di uno spettacolare documentario nel cinema a emisfero.
30 Agosto: Valencia – autostrada Francia (860 Km)
Quel che resta del viaggio è – come direbbe il Califfo – solamente noia… e tante chiacchiere all’interfono, per rendere più piacevole il lungo trasferimento autostradale.
Per gestire al meglio gli ultimi euro della nostra cassa comune, ci fermiamo a dormire nella piazzola di uno degli attrezzatissimi autogrill francesi, in compagnia di camperisti e camionisti.
31 Agosto: autostrada Francia – Roma (900 Km)
Tornando nel nostro appartamento, dopo un mese di vagabondaggio in moto, ci sembra quasi d’entrare in casa d’altri. Dopo aver vissuto per tutto questo tempo avendo come unica dotazione il contenuto delle motovaligie, ci stupisce riscoprire la quantità di “cose” che possediamo. Ci stupisce e ci sgomenta un po’. Che la vita sia più bella con un paio di pantaloni e quattro magliette?